Mi piace la pace, quella fatta di reciproco rispetto.
Quella basata sul laissez-faire, laissez-passer, reinterpretata in chiave sociale, no.
Una sorta di finta tolleranza che si slabbra a tal punto da diventare menefreghismo.
Questa non è pace e nemmeno è voler evitare la guerra.
E’ solo una profonda superficialità che si diverte ad andare in giro vantandosi di avere uno spessore.
“Quellibuoniaparole” hanno incorniciato il rispetto come “sentimento e comportamento informati alla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui, dell’importanza e del valore morale, culturale di qualcuno”.
Bravi; anzi, belli. Ma sta cornice di retorica, su una bella parete di concretezza, non ce la vedo molto bene.
Io sostengo che il rispetto sia sentimento, comprensione oppure entrambe le cose.
Intuisco che ci sia chi è più portato a rispettare per istinto e chi più per uso della ratio.
Capisco dunque che ognuno sia in possesso dei requisiti per poter rispettare.
Deduco che nessuno ha giustificazioni per non farlo.
Concludo che dove non c’è rispetto manchi amore e non c’è intelligenza.
Non viene richiesto alcun tipo di coinvolgimento (se non voluto), non servono parentele o legami affettivi, non è necessaria alcuna aggregazione e non bisogna forzatamente andare d’accordo.
Nessuno verrà leso, privato di idee o concetti o derubato della propria autostima.
Ognuno se ne può stare tranquillo al suo posto e continuare a condurre la propria vita con i propri valori ed ideali. Nessuno mai glie li porterà via.
E allora “ai ev e drim”.
Quello che tutti capiscano ed imparino.
Capiscano l’importanza di rispettare ogni persona che li circonda e non solo quelle di cui sono circondati.
Ed imparino a considerarle e stimarle.
Inevitabilmente, gli altri, faranno altrettanto.
Compreso me.